La storia

L’I.T.I.S. “Alessandro Volta” di Napoli è una realtà territoriale presente da oltre 150 anni e la sua mission in termini di formazione del personale tecnico è nota sul territorio di Napoli e Provincia.

L’Istituto trae le sue lontane origini da una Scuola di arti e mestieri istituita nel 1856, interrotta e ripresa da una Scuola tecnica municipale istituita nel 1864, che nel 1886 è trasformata, con una delibera comunale, in Regia Scuola Industriale alle dipendenze del Ministero dell’Industria e del Commercio.

Essa offre quattro corsi di formazione: meccanici, fonditori, chimici ed elettricisti, con l’obiettivo di formare abili operai e migliorare il prodotto delle industrie di Napoli.

Per le iscrizioni sempre più numerose, nel 1893 la scuola si trasferisce dalla sua prima sede, il Convento di S. Pietro ad Aram, negli attuali locali del convento di S. Maria della Fede.

Fino al 1907 l’amministrazione della scuola è affidata a nomi illustri, tra cui il marchese del Carretto e Luigi Miraglia, insigne economista irpino; nel 1915 viene parificata alle scuole di 3° grado ed assume il nome di Reale Istituto Industriale, poi passa, nel 1948, alle dipendenze del Ministero della Pubblica Istruzione e da tale data ha un corso regolamentato da precise norme tecniche ed amministrative.

Nel 1965 l’attuale edificio è sottoposto ad importanti ristrutturazioni per ospitare, in spazi più ampi, la più moderna strumentazione tecnologica.

Con il terremoto del 1980 una delle due ali della scuola crolla, e il biennio viene ospitato per 25 anni nei locali della succursale di Via Gorizia.

Il processo di aggiornamento della dotazione tecnologica continua tuttavia a caratterizzare la politica culturale e formativa dell’Istituto, che ha come obiettivo il raggiungimento di livelli d’avanguardia nel campo tecnico-scientifico, anche grazie all’introduzione dell’informatica nel 1985, nonostante il recente terremoto e la conseguente divisione in 2 sedi.

Nel 2005 viene consegnata all’Istituto, riedificata per intero, la parte strutturale crollata con il terremoto del 1980; tale struttura consente di lasciare i locali della succursale di via Gorizia, di ritrovare l’originaria unità di biennio-triennio.

Per il triennio 2016/2019, terminati i lavori nell’ala storica, l’Istituto completamente ristrutturato e restaurato in ogni sua parte potrà offrire strutture interamente rinnovate e strumentazioni tecniche di ultima generazione.

Non è mai mancata, negli anni, attenzione nei riguardi dei mutamenti storici, sociali, culturali e didattici, per cui l’Istituto svolge un ruolo attivo in rete con il territorio, lavora per progetti e non solo per discipline, forma figure professionali in crescita secondo competenze e non solo conoscenze, oggi valuta se stesso e il proprio operato e non solo i risultati degli studenti, favorisce la ricerca-azione come strumento di analisi e riflessione per studenti e insegnanti.

Il patrimonio culturale

L’Istituto conserva un prezioso Archivio storico, che comprende la documentazione relativa all’attività della scuola dai primi anni della sua fondazione, come ad esempio i registri degli anni ’60 e ’70 dell’Ottocento. Nell’archivio è racchiusa la storia dell’ente e delle generazioni di professori e alunni che hanno attraversato le sue aule in circa 150 anni.

L’istituto conserva inoltre, una Biblioteca di circa 7.000 volumi, attualmente in corso di catalogazione nell’ambito del Servizio Bibliotecario Nazionale (SBN).

La scuola vanta infine un prestigioso Museo, istituito nel 2000, in cui conserva apparecchiature d’epoca di fisica, chimica, elettrotecnica, meccanica nonché cimeli, diplomi, scritti antichi. Strumenti scientifici e cimeli sono stati a più riprese esposti in occasione di mostre, tra le quali quella intitolata “Strumenti Scientifici dai Borbone all’epoca post-unitaria. La Fisica nelle scuole napoletane”, allestita presso la Biblioteca nazionale di Napoli nell’ottobre 2015, nell’ambito della manifestazione “Futuro@Remoto”.

[http://www.bnnonline.it/index.php?it/22/eventi/222/strumenti-scientifici-dai-borbone-allepoca-post-unitaria-la-fisica-nelle-scuole-napoletane&printPdf=1&stripImages=1],

L’esistenza del Museo nella scuola ha permesso, negli anni, di attivare iniziative formative con esperti esterni sia in relazione al restauro ed alla manutenzione degli oggetti sia rispetto alla gestione e alle imprenditorialità visto che il museo, di grande rilevanza storica, è stato spesso aperto al territorio ed ai visitatori esterni in occasione del “Maggio dei Monumenti”.

La sede

Sede dell’Istituto è, dal 1890, l’ex convento di Santa Maria della Fede.

La chiesa e l’ex convento di Santa Maria della Fede sorgono nell’omonima piazza, nel Borgo sant’Antonio, alle spalle del corso Garibaldi.

La chiesa, edificata agli inizi del 1600 dai padri Complateari, intorno al 1645 fu ceduta con l’annesso giardino agli Agostiniani riformati, detti Coloritani (perché provenienti dal monastero di Santa Maria di Colorito di Morano in Calabria), i quali intrapresero il rimaneggiamento del tempio e la costruzione del monastero. Abolito l’ordine da Papa Benedetto XIV nel 1751, il convento di Santa Maria della Fede ospitò, per volontà della regina Maria Amalia di Sassonia, moglie di Carlo III di Borbone, un ritiro di «donne vaganti» dove si curavano e correggevano le ex prostitute, che nel 1818 venne annesso all’amministrazione dell’Albergo dei Poveri. Nel 1862 il ritiro fu trasformato in ospedale per malattie veneree, o sifilocomio, e come tale restò in funzione fino al 1888. Due anni dopo l’edificio fu assegnato all’Istituto Alessandro Volta.

Il cimitero acattolico di Santa Maria della Fede o “cimitero degli Inglesi”.

Il cimitero fu realizzato nel 1826 per iniziativa dell’allora console inglese di Napoli, sir Henry Lushington (1775-1863), che per realizzarlo acquistò nel borgo di Sant’Antonio Abate una vasta area – comprendente il giardino del complesso di Santa Maria della Fede –  destinata ad accogliere le spoglie degli stranieri e dei residenti a Napoli di fede protestante. Ampliato nel 1852, il cimitero si estendeva allora per una superficie di circa 10.000 mq, molto più vasta di quella oggi visibile, e si presentava come un elegante giardino, contenente un gran numero di pregevoli monumenti e di lapidi, tra le quali quelle di numerosi uomini illustri: l’archeologo e illustratore inglese William Gell (amico di lord Byron e di Thomas Moore, autore della prima guida in inglese su Pompei); il grande botanico tedesco Friedrich Dehnhardt (che fu direttore del Reale Orto Botanico nonché curatore dei giardini della Villa Floridiana e della Reggia di Capodimonte); il celebre pittore di origine olandese Anton Pitloo (maestro di Giacinto Gigante e docente all’Accademia di Belle Arti, esponente di spicco della cosiddetta “Scuola di Posillipo”); la matematica e astronoma scozzese Mary Somerville (il cui monumento funerario, che la ritrae seduta su una seggiola intenta a scrutare un ideale orizzonte, fu realizzato nel 1876 dallo scultore Francesco Jerace); il console Oscar Meuricoffre, che divenne il banchiere più ricco di Napoli (il suo sarcofago, con statua femminile seduta, fu realizzato anch’esso da Jerace, nel 1885); la famiglia Bateman-Dashwood (ricordata da uno spettacolare obelisco egiziano); la famiglia di industriali svizzeri Freitag, artefice dello sviluppo delle industrie tessili a Scafati (il cui monumento rinascimentale, caratterizzato da un grande angelo che apre le porte del paradiso, è stato purtroppo vandalizzato); la famiglia di Guglielmina Solombrino Arnold (un altro notevole sepolcro, anch’esso devastato dai vandali).

Il cimitero fu chiuso nel 1893, quando esso era ormai soffocato da nuove costruzioni, essendo l’area interessata da un poderoso sviluppo urbanistico. Fu sostituito dal nuovo cimitero degli inglesi alla Doganella, posto di fronte a quello di Santa Maria del Pianto. Ancora nella seconda metà del Novecento, il Consolato britannico vendette parte del vecchio cimitero alla Società del Risanamento, perché vi realizzasse nuove costruzioni, rimuovendo una significativa parte delle pregiate sepolture ottocentesche, che furono trasferite al nuovo cimitero. Dei numerosi monumenti funerari un tempo situati in questo giardino ne restano solo nove, e neppure ben conservati, avendo essi subito, nei lunghi anni di abbandono, le ingiurie del degrado e dei vandali.

Nel 1980 l’area è stata rilevata dal Comune, che nel 1993 l’ha adibita a verde pubblico.

cimitero degli inglesi